Speciale Halloween:Mirror mirror
Gli specchi nelle fiabe, nell'occulto e nell'horror e una storia originale
Ciao,
Questa è Luna Storta, la newsletter recapitata via corvo. In questo numero parliamo di specchi nella loro declinazione più magica e, per festeggiare Halloween, iniziamo con una storia.
Una storia
La Regina tolse il velo rosso, rivelando un grosso specchio, il suo vecchio regalo di nozze. La cornice dorata scintillava alla luce delle candele, la superficie era limpida come acqua. La Regina la sfiorò con un dito, quasi aspettandosi di vedere lo specchio flettersi e creare cerchi sotto la leggera pressione del suo polpastrello. Invece restò gelido e immobile, come sempre, perfetto, tranne che per una piccola scheggiatura, familiare al tatto della donna. Ripeteva gli stessi gesti sin da quando lo aveva visto la prima volta. Le sembrava un’altra vita, un’altra persona quella che, ancora nel suo abito da cerimonia, aveva scovato quella minuscola crepa nel cristallo. Si era guardata per ore in quel riflesso, quella giovane regina che la guardava dall’altra parte, alla disperata ricerca di qualcosa che le fosse familiare. Non si riconosceva in quel viso, in quell’acconciatura, in quell’abito. La crepa era l’unica cosa che le ricordava sé stessa. E poi il riflesso le aveva parlato.
La Regina recitò le parole magiche, come ogni giorno. Parole antiche, in una lingua perduta di cui restavano solo pochi frammenti, parole che molte avevano ripetuto prima di lei. Eco di un’altra epoca, quando gli altri mondi non si erano ancora separati da questo. Le donne avevano protetto e tramandato la formula da sorella in sorella, da madre in figlia. Il potere fluiva tra loro. Ne abbandonava una, ne trovava un’altra.
Tutto quello che ne rimaneva di quel mondo, ormai, era questo specchio, una semplice finestra. Anche questa si sarebbe chiusa, lei lo aveva visto, e allora delle sue parole non ne sarebbe rimarrasta che una versione minuscola e distorta, una filastrocca per bambini, senza più potere se non quello di causare qualche incubo. Aveva visto anche questo.
La Regina pronunciò la formula e aspettò che il suo riflesso le parlasse. Aveva il suo aspetto, certo, ma la sua voce era diversa. Melliflua. Soave. Sapeva cose che lei non immaginava. Gliele mostrava. L’aveva sempre guidata. Quel giorno, però, la Regina non sentì nessuna voce. Non c’era alcun bisogno di parole: immediatamente seppe la verità. Le bastò uno sguardo al suo riflesso. Ripeté le parole, mentre sentiva la disperazione crescere dentro di sé. Silenzio. Sapeva che sarebbe successo, ma comunque non credeva, non pensava—sostenne il suo sguardo riflesso. Quegli abiti pesanti, che un tempo sembravano così fuori luogo su di lei, ora le calzavano a pennello. Conservava i capelli neri, gli occhi intensi, la bocca rossa, appena corrucciata, la giovane sposa che era stata, così impaurita e spaesata, era ancora lì. Ma i suoi lineamenti si erano induriti, il suo ruolo l’aveva come cristallizzata. La sua pelle che un tempo era stata l’invidia della corte era ancora elastica e morbida. Eppure la vedeva. Era appena percettibile, le sue dame giuravano che non ci fosse, ma lei la vedeva. E ora anche lo specchio. Una linea leggera le segnava la fronte. La attraversò con il dito. La morte l’aveva toccata. Con la voce tremante ripeté le parole una terza volta. Una singola lacrima scese dai suoi occhi. Sapeva che non avrebbe ricevuto risposta. Lo aveva perso. Lei glielo aveva preso. Colpì lo specchio con tutte le sue forze, senza riuscire a romperlo né scheggiarlo, ma un rivoletto di sangue le uscì dalla mano, strisciando sulla superficie lucida. Le tornò alla mente una visione, quando ancora lo specchio rispondeva alla sua voce, un’immagine che le aveva mostrato una notte quando non riusciva a dormire: lei che divorava un cuore. All’epoca aveva distolto lo sguardo inorridita e poi se ne era dimenticata, le visioni erano sempre così oscure. Ma ora quell’orrida immagine acquistava senso. C’era un modo per riavere il dono. Ma avrebbe dovuto commettere un atto perverso, indicibile. Pensò al sangue caldo, metallico, che le scivolava giù dalla bocca mentre divorava l’organo. Il prezzo da pagare era un cuore. Il suo cuore. Chiamò il cacciatore.
Eat your young
Da Narciso ad Alice, da La Dama di Shallot a La Bella e la Bestia, passando per La Regina delle Nevi, gli specchi, o i riflessi, sono strumenti che hanno sempre catturato la nostra immaginazione e trovato il loro posto in fiabe, miti e leggende. Ma, parlando di specchi, è sicuramente una la fiaba che subito ci viene in mente: Biancaneve. Fu pubblicata per la prima volta dai Grimm nel 1812, sebbene questa prima versione fosse piuttosto differente dalla forma canonica in cui la conosciamo, a cui approderà nel 1857 dopo ben 7 versioni. Tanto per cominciare, la Regina cattiva era la madre di Biancaneve, e non la matrigna. Inoltre, il famoso specchio era einen Spiegel, uno specchio, e non einen wunderbaren Spiegel, uno specchio magico, come lo conosciamo ora. A differenza del riflesso di Narciso e dello specchio in cui cade Alice, infatti, questo non è un semplice specchio, che a volte fa accadere cose strane certo, come tutti gli specchi d’altronde; no, questo è magico, fatato, senziente. Forse persino malvagio. Di tutti gli oggetti magici di cui si serve la regina è quello che, insieme alla mela, ha superato il test del tempo, cristallizzandosi nella nostra immaginazione. C'è addirittura chi ne sostiene la reale esistenza, come Karl-Heinz Barthels che, nel 1986, sostenne di aver identificato in Maria Sophia Margaretha Catharina von Erthal, giovane nobile di Lohr del ‘700, la protagonista della fiaba. Come nella fiaba, suo padre, vedovo, si era risposato, con una certa Claudia Elisabeth von Reichenstein. E, sempre come la fiaba, questa donna era crudele con la giovane figliastra, arrivando a cacciarla dal castello e a costringerla a vivere nei boschi, tra l’altro zona ricca di miniere. Ancora più sorprendente, la matrigna, proprio come nella fiaba, possedeva uno specchio magico. La famiglia von Erthal era infatti proprietaria di una fabbrica di specchi e la contessa von Reichenstein aveva ricevuto in dono dal marito uno specchio acustico, in grado di registrare e riprodurre alcune frasi. Il castello dei von Erthal si può visitare e si può anche ammirare il famigerato specchio, che, sulla sua cornice riccamente decorata, riporta la frase “AMOR PROPRIO”. La tesi di Barthels, tuttavia, si poggia su basi poco solide e non nutre di molto credito tra i folkloristi. Sicuramente è una teoria più utile ad attrarre turisti nel Lohr, piuttosto che a illuminarci sulle origini della fiaba. Se ti piacciono le fiabe come me, e ti piace leggere di fiabe (come è probabile che sia, visto che stai leggendo questa mail), ti sarà capitato di imbatterti in questo tipo di teorie, complici articoli pop dai titoli quali “La VERA Biancaneve” o “La Bella e la Bestia sono esistiti REALMENTE e vivevano in Italia”. Personalmente, mi hanno sempre fatto storcere un pochino il naso. Innanzitutto perché, appunto, le prove su cui si fondano sono al massimo indiziarie, ignorando spesso il fatto che la fiaba preceda di gran lunga questa o quella vicenda storica su cui tentano di appiattirla. Mi chiedo poi spesso quale ne sia lo scopo: davvero Biancaneve è più REALE se si chiama Maria Sophia Margaretha Catharina von Erthal? La Regina risulta più consistente se possiamo vedere e toccare il suo specchio magico (e magari farci anche un selfie)? La fiaba è più vera se invece che “tanto tempo fa, in un regno lontano”, si svolge a Lohr nel ‘700? A me sembra, piuttosto, il contrario: lungi dal rendere le fiabe tangibili, questi goffi tentativi di storicizzazione non fanno altro che comprimerle, addomesticarle, confinarle nel recinto sicuro del passato. Come erano brutali a quei tempi con le donne, prigioniere in matrimoni combinati o in alte torri! Ci diciamo, senza pensare più a cosa Biancaneve possa dirci dei nostri giorni, della nostra società.
Ma una fiaba è una creatura viva, che scivola fuori dai recinti in cui proviamo a chiuderla, che si adatta, sopravvive, trova qualcosa nuovo da dirci ogni volta. E allora la figura della madre/matrigna si sdoppia, proprio come davanti a uno specchio, una è la madre, fertile, santa, che versa il suo sangue ed esprime il desiderio di avere una figlia, una figlia bella; il suo doppleganger è la matrigna, condannata a questo appellativo crudele, distorsione della madre, che non ha assolto il suo compito riproduttivo e che si trova a doversi confrontare con il tempo, con quell'orologio biologico che ancora ci propinano come spauracchio. La matrigna rappresenta il rifiuto della natura, si rivolge ad artifici, magie, per ottenere i suoi scopi. La sua perversione raggiunge il culmine con il sacrificio della vergine, di Biancaneve, e l’orrendo pasto, ribaltamento della consumazione rituale di Cappuccetto Rosso, che si nutre della carne e del sangue della nonna e ne assorbe il compito, nel passaggio da bambina ad adulta. La Regina,invece, consuma il cuore (o almeno pensa di consumarlo) della prole, disperato tentativo di assorbirne la giovinezza e la bellezza. Se la madre sacrifica il proprio sangue per avere una figlia, la matrigna sacrifica il sangue giovane per nutrire sé stessa. La madre rappresenta la natura, la santità, ma per poter rimanere tale deve morire dopo aver assolto il suo compito, deve fare spazio al sangue giovane. In questo spazio si inserisce la parabola della giovane Biancaneve, ancora bambina, visto che nella fiaba dei Grimm ha solo 7 anni, ancora perfetta, condannata a ripetere il ciclo. La fiaba sembra contemplare solo due strade per le donne: morire precocemente da santa o diventare una regina cattiva.
I padri assenti e i principi necrofili sono assolti, lasciano le donne le une contro le altre, a litigarsi un potere per procura, a fare il lavoro sporco del patriarcato, ché in fondo, si sa, le donne sono le peggiori nemiche di loro stesse. Il crimine della regina cattiva non è tanto la ricerca della bellezza o della giovinezza, ma il suo sforzo per ottenerla, il suo ricorrere ad artifici, il suo palesare il lavoro che la bellezza richiede, allo stesso modo in cui oggi reagiamo a chi ricorre alla chirurgia estetica o al make up in modo incondizionato: la bellezza deve sempre apparire naturale, spontanea, anche quando richiede una skincare routine da 18 step e centinaia di euro di prodotti, pena il pubblico ludibrio.
Oculus
Gli specchi nei film, in particolare horror e thriller, sono un motivo usato e abusato, tanto da diventare un cliché. Quante volte abbiamo visto l’immagine di uno specchio infranto come metafora della psiche frammentata del protagonista? E quante scene in cui un personaggio scorge una figura spaventosa alle sue spalle nello specchio del bagno, salvo poi voltarsi e puff! la figura non è più lì? È quindi molto raro trovare un film che sappia dare un’interpretazione originale agli specchi, tanto più se, al pari di Biancaneve, non si tratta di un comune specchio, ma di uno dotato di poteri.
Oculus è un film del 2013 diretto da Mike Flanagan (The Haunting of Hill House, The Haunting of Bly Manor, Midnight Mass) e segue le vicende di Tim e Kaylie Russell. Il film si apre con le dimissioni di Tim dall’ospedale psichiatrico nel quale ha trascorso dieci anni a seguito della morte dei genitori in circostanze estremamente traumatiche. Sua madre, infatti, è morta per mano del padre a seguito di orribili violenze e quest’ultimo è stato ucciso da Tim, per autodifesa.
Si ricongiunge così a sua sorella, Kaylie. A differenza di Tim, che in ospedale è riuscito a elaborare il trauma vissuto in un’ottica razionale e scientifica, Kaylie ha passato questi anni a dare la caccia a uno specchio antico, il Lasser Glass, e fare ricerche sulla sua storia, in quanto ritiene che sia stata l'influenza maligna di questo oggetto la causa degli avvenimenti che hanno portato alla morte dei genitori. Kaylie ha quindi intenzione di distruggere lo specchio, ma solo dopo averne provato il potere, così da scagionare il padre e il fratello.
Tim, inizialmente, vede questa ossessione della sorella per lo specchio Lasser come una strategia di coping: nell’incapacità di accettare che suo padre fosse capace di tali orrori, ha creato una realtà alternativa. Anche il pubblico è portato a concordare con Tim, ma questa certezza vacilla ben presto. Giunti nella loro casa d’infanzia, dove Kaylie intende portare a termine il suo piano, ci viene esposta la storia dei precedenti proprietari del Lasser, tutti morti in circostanze violente e sospette. La giovane donna risulta estremamente lucida e razionale nella sua esposizione, oltre che nell’elaborazione del suo piano. È possibile che sia Tim quello che usa la psicologia come strategia per non affrontare una verità più oscura?
Oculus utilizza una struttura che amo molto: due personaggi con una visione del mondo opposta, costretti a interagire con un oggetto (che potrebbe oppure no essere soprannaturale). Partendo entrambi dalle stesse premesse e utilizzando un approccio razionale, i due arrivano a conclusioni opposte. Le vicende che hanno portato alla morte dei genitori ci vengono mostrate alternate al presente e ai tentativi di Kaylie e Tim di sopravvivere alle illusioni create dallo specchio, o forse dalle loro menti. Infatti, lo specchio sembra essere in grado di manipolare il tempo e lo spazio, o meglio, la loro percezione da parte di chi entra nel suo raggio d’azione, oltre che a congiurare immagini positive (per esempio mostra a Kaylie sua madre come se fosse ancora viva), così come spaventose, materializzando di frequente i fantasmi dei precedenti proprietari con degli specchietti al posto degli occhi. C’è persino una mela “avvelenata”, protagonista di una scena da brividi.
Purtroppo il film perde un po' troppo di ambiguità verso il finale, propendendo definitivamente verso la tesi del soprannaturale, soverchiando la storia di violenza domestica, quando avrei preferito che la questione rimanesse aperta a più interpretazioni.
Oculus non è esattamente un horror elevated, o che va troppo per il sottile, ma è un film tutto sommato godibile e divertente (se hai la mia idea malsana di divertimento, almeno), che ha ottime intuizioni in alcuni punti, soprattutto nella resa delle illusioni create dallo specchio.
Se invece non sei amante dell’ horror e vuoi qualcosa di meno intenso, Mirror Mirror è un teen horror del 1990, diretto da Marina Sargenti, che parte da una premessa simile. Megan è un’adolescente che, trasferitasi con la madre in una casa in cui quarant'anni prima era avvenuto un delitto, trova nella sua stanza uno specchio antico. L’oggetto inizia subito ad ammaliarla e Megan, che è vittima di bullismo nella nuova scuola, trova in lui un alleato, in grado addirittura di fare avverare i suoi desideri. Si trova così invischiata in una serie di uccisioni, a cui dovrà porre fine con un sacrificio.
Il film è una chicca e a mio parere vale la pena di vederlo anche solo per gli impeccabili outfit goth della protagonista.
Folklore e occulto
Forse Claudia Elisabeth von Reichenstein e il suo specchio parlante non sono l’ispirazione per la matrigna di Biancaneve, ma è effettivamente esistita una regina che si affidava alle parole di uno specchio magico e, per trovarla, non è necessario esaminare oscure casate nobiliari tedesche. Si tratta, infatti, di Elisabetta I d’Inghilterra. La monarca aveva al suo servizio due occultisti, John Dee e Edward Keller, che abbiamo già incontrato nella Luna Storta su Tremotino. Keller, in particolare, era un medium che praticava un’arte divinatoria per la quale utilizzava uno specchio nero fatto di ossidiana. Dee e Keller sostenevano di poter comunicare con gli angeli attraverso questo manufatto e condussero numerose sedute spiritiche in giro per l’Inghilterra. Lo specchio utilizzato dai due occultisti, tuttora conservato nel British Museum, è di origine Messicana. Per gli Aztechi che lo hanno realizzato, aveva la funzione di deflettere gli spiriti malvagi ed era associato al culto di Tezcatlipoca.

Dee e Keller non erano certo gli unici a utilizzare gli specchi nella loro pratica. La divinazione per mezzo di uno specchio o altra superficie riflettente è detta catoptromanzia e ha origini nel mondo antico. Come testimoniato da Platone e da Plinio, infatti, le maghe di Tessaglia avevano il potere di catturare la Luna in uno specchio, come raccontato anche da Virgilio, a sua volta praticante di questa arte, nelle Bucoliche. Il legame tra lo specchio e la Luna e tra lo specchio e l’acqua, spesso usate in congiunzione per evocare visione, sono ricorrenti nelle pratiche occulte, sia a livello pratico che simbolico. D’altronde cosa è la Luna se non uno specchio anch’essa?
Dal mondo occulto lo specchio come strumento magico è emerso nella cultura popolare. Nell’epoca vittoriana, le giovani donne erano solite consultare uno specchio alla luce di una candela per la possibilità di scorgere nel riflesso il volto del futuro marito. La tradizione è sopravvissuta, in forma diversa, sino ai giorni nostri, con la leggenda di Bloody Mary, l’entità maligna che, secondo un gioco di infanzia, si evoca pronunciando “Bloody Mary” per tre volte davanti a uno specchio in una stanza buia. Una premessa simile è alla base del film horror di culto Candyman (1992) a cui sono seguiti vari sequel e remake. Queste leggende hanno forse la loro origine nel fenomeno della strange-face illusion, illusione ottica che si verifica quando guardiamo il nostro riflesso in una stanza poco illuminata.
Per questa Luna Storta è tutto, a seguire puoi trovare le fonti e le letturine per approfondire. Visto che Halloween è alle porte, puoi anche cimentarti nella catoptromanzia e costruire il tuo specchio nero in cui scrutare il futuro. Bello!
E ora i consueti aggiornamenti. Una mia illustrazione è stata selezionata da CHEAP per essere affissa sui muri di Bologna, puoi vederla qui. Per rimanere in tema specchi, negli anni ho realizzato un paio di strisce di QAG a tema specchi e Bloody Mary, puoi leggerli qui e qui, mentre qui c’è una piccola citazione a Biancaneve. Come sempre, trovi tutti i miei fumetti sul mio profilo Instagram, Twitter e Tumblr, sono heyclodia ovunque.
Spero che questa epistola ti sia piaciuta! Luna Storta torna verso Natale,
Alla prossima Luna,
Ciao!
Fonti e letturine:
The magic mirror in Snow White
Scrying mirror (museum of witchcraft)
Le streghe di Shakespeare (Spore Rivista)
Mirror, mirror in the Ward (TW: disordini alimentari, suicidio)