Ciao! Questa è Luna Storta, la newsletter più letta all'inferno. Come stai? In questa Luna parliamo di Tremotino, del Diavolo, della saga di Earthsea e persino di occultisti rinascimentali.
Shrek?
Nel capolavoro del 2001, nonché premio Oscar per l'animazione, Shrek, c'è una scena che nel tempo ha ispirato varie speculazioni. È il primo incontro tra Shrek e quello che diventerà il suo migliore amico Ciuchino e quest’ultimo pone all'orco una semplice domanda: “Come ti chiami?”. Semplice, certo, ma inaspettata per il suo interlocutore, che esita prima di borbottare “ehm…Shrek?”. Come dicevo, la reazione di Shrek a questa domanda innocente ha suscitato non poche speculazioni sul web, tra cui la teoria secondo cui Shrek non avesse affatto un nome e che si è trovato a inventarlo sul momento, anche perché, che nome è Shrek? Tuttavia io preferisco una spiegazione più banale: semplicemente, a Shrek raramente chiedono come si chiama. È una domanda così innocua, quella che gli pone Ciuchino, eppure in grado di scardinare in un attimo le barriere difensive dell'orco e di portarci dritti al cuore del conflitto del film: Shrek è così abituato a essere trattato da mostro, che è lui per primo a comportarsi in tale modo e ad allontanare gli altri per primo per paura di essere rifiutato. E tutto da un “come ti chiami?”.
Questa mail non parla di Shrek, ma parla del potere dei nomi. Dalle fiabe al fantasy, fino alla religione, proprio come per Shrek, conoscere un nome può darci potere. Sull'internet in cui sono cresciuta (eoni distante da quello di oggi), i nomi non si usavano granché, almeno non i nomi dell'anagrafe. Al loro posto si usavano altri nomi, inventati, più o meno fantasiosi, che ci facessero essere quello che volevamo. Persino la celeberrima Chiara Ferragni era Diavoletta87. Ancora adesso per te sarò probabilmente Clodia o forse ancora Gatti Gioviani (o gatti giovani se ti perdi una i). L'anonimato era al tempo stesso una forma di potere ma anche di protezione, contro dei non ben identificati malintenzionati che avrebbero potuto fare chissà cosa conoscendo il nostro “vero” nome. Questa paura (o forse paranoia) non è certo nata con il ciberspazio, ma ne possiamo trovare traccia già nel folclore e, come tutto, nelle fiabe.
Parli del Diavolo
Abbiamo già parlato di Tremotino (Rumplestilskin) nella Luna dedicata alle filatrici. La fiaba fa parte del gruppo ATU 500, detto “il nome dell'aiutante” e se ne trovano numerose varianti, dal tedesco Dubleturk, allo svedese Titteli Ture, passando per il trentino Tarandandò e l'inglese Tom Tit Tot. E non a caso: si tratta, infatti, di una delle storie più antiche, originatasi circa 4000 anni fa. Tutte queste fiabe seguono all'incirca la stessa struttura: una giovane che evita le faccende, un genitore che la sgrida e un principe che passa di lì e, sentiti i rimproveri, chiede delucidazioni. A quel punto il genitore inventa una qualche frottola, per esempio che la figlia è in grado di filare la lana in oro o che passa troppo tempo al filatoio. Il principe decide così di sposare la prodigiosa ragazza, ma prima delle nozze le chiede una prova delle sue capacità, chiudendola in una stanza con una montagna di lana da filare. La giovane si dispera e in suo soccorso arriva un folletto, che le offre il suo aiuto in un cambio di un piccolo pegno. La scena si ripete per altre due notti, ma la terza notte il folletto pretende in pegno il primogenito della ragazza. E così anni dopo, appena nato il bambino, ecco che il folletto torna a pretendere la sua ricompensa. Ma c'è una via d'uscita dal patto faustiano: indovinare il nome del folletto. Così per due volte la giovane, ormai regina, prova a indovinare e fallisce. Ma alla terza sera il re o un servitore le racconta di aver visto un folletto ubriaco che cantava e, pensa un po', nella canzone è sempre contenuto il suo nome. Così quando il folletto si presenta per l'ultima volta, la regina indovina il suo nome e lui, in una fitta di rabbia, si spezza in due (???).
Una variante interessante è Duffy e il Diavolo, una fiaba della Cornovaglia, in cui la giovane e pigra Duffy ottiene un lavoro come domestica presso il signorotto di paese mentendo sulle sue abilità a maglia e al filatoio (come biasimarla) e in suo soccorso arriva il Diavolo in persona, con la coda e tutto il resto, che si offre di eseguire il lavoro per lei ma che, allo scadere dei tre anni, la trascinerà all' inferno a meno che non indovini il suo nome. E passati tre anni il diavolo torna a reclamare la povera Duffy. Non sa però che la sera precedente il signorotto aveva casualmente assistito a un sabba di streghe nella foresta dove il diavolo aveva rivelato il suo nome e che aveva raccontato lo strano avvenimento proprio a Duffy. quando il Diavolo la sfida a indovinare il suo nome, Duffy propone prima Lucifero (“non gli rivolgo nemmeno parola!” Risponde lui), poi Belzebù (“è un cugino alla lontana”) e, infine, Terrytop. Ma a sentire il suo nome il diavolo non si scompone di certo come un Tremotino qualsiasi, e si limita a dire “il piacere della tua compagnia è solo posticipato”. Una delle caratteristiche del Diavolo nel folclore, in effetti, è proprio quella di avere molti nomi, tanto che non è nemmeno chiaro quanti di questi nomi si riferiscano poi alla stessa entità: dal serpente della genesi, a Lucifero, l'angelo caduto, a Satana (“l'avversario”, che onestamente più che un nome sembra un lavoro) e ancora Belzebù, il signore delle mosche, Belial e, per gli amici, Old Nick. Forse diversi demoni che nel tempo hanno finito per amalgamarsi in un unico formidabile avversario nella cultura popolare, o forse un'unica creatura, la cui natura ingannevole si rispecchia nei molti nomi. O, forse ancora, al Diavolo non piace che si sappia il suo vero nome (che a quanto pare è Terrytop), perché conoscerlo vorrebbe dire avere potere su di lui.
Esorcismi
Come qualsiasi fan dei film horror che si rispetti sa benissimo, infatti, conoscere il nome di un demone è necessario per piegarlo al proprio volere, solitamente per bandirlo per sempre. Non che scoprirne il nome sia facile, però, essendo questi i trickster per eccellenza, capaci di deformare la verità senza dover necessariamente mentire. L'origine di questa credenza potrebbe trovarsi nel Vangelo stesso. Nei tre vangeli sinottici, infatti, è riportato il racconto dell'esorcismo dell'indemoniato di Gerasa, in cui Gesù, durante l'esorcismo di un uomo posseduto, chiede al demone come si chiama e riceve la risposta “Mi chiamo Legione, perché siamo in molti”. Tuttavia la domanda non sembra funzionale alla riuscita dell'esorcismo, visto che i demoni in questione stavano già supplicando Gesù di non bandirli. Quale che sia la ragione, chiedere il nome al demone infestante fa effettivamente parte del rituale cattolico dell'esorcismo. Come spiega Cesar Truqui, esorcista della diocesi di Coira, in Svizzera:
“Lo richiede il Rituale per un obiettivo preciso. Dare il nome a una cosa o avere il nome significa avere potere sulla cosa. Infatti Dio dà ad Adamo il potere di dare un nome alle cose. Nel momento in cui il demonio rivela il suo nome, dimostra che è indebolito. Se non lo dice, è ancora forte.”
E i demoni sono notoriamente reticenti a rivelare i propri nomi, come in questa celebre scena de L'esorcista, in cui, alla domanda, Reagan (posseduta) risponde: “Eno on ma I”, apparentemente una frase senza senso, ma che, se letta al contrario, diventa “I am no one”. Che il demone Pazuzu fosse estimatore di Omero?
La questione dei nomi è centrale nell'universo di The Conjouring, serie di film horror ispirati alle gesta dei coniugi Warren, coppia di truffatori demonologi. Per esempio in The Conjouring 2-Il caso Enfield, Lorraine Warren si trova a dover scoprire e pronunciare il nome del demone Valak per potersene liberare, nome che appare “nascosto” in molte scene del film.
Il tema è molto comune nella letteratura fantasy, per esempio, nella saga di Harry Potter, il rifiuto dei maghi di pronunciare il nome di Voldemort non fa altro che accrescerne il potere, elevandolo a una figura imbattibile. Ma è nella saga di Earthsea di Ursula LeGuin che i nomi e il linguaggio diventano un tema centrale. LeGuin, infatti, basa l'intero sistema magico della serie sull'esistenza di un antico linguaggio capace di descrivere la vera natura delle cose. Conoscendo questo linguaggio, conoscendo cioè il Vero Nome di oggetti, piante e animali, è possibile manipolare la natura e piegarla al proprio volere. Lo stesso è vero anche delle persone: in questo universo a ciascuna persona viene dato un Vero Nome da una strega o un mago, che va quindi tenuto segreto. Ogni personaggio, dunque, oltre al Vero Nome, ha un nome di uso comune, per tutelare la propria incolumità. Per esempio, il protagonista, il cui vero nome è Ged, utilizza il nome di Sparviero. Nel secondo romanzo della serie, Le Tombe di Atuan, Ged incontra Arha, una ragazza che è stata portata via alla sua famiglia all'età di cinque anni in quanto ritenuta la reincarnazione della sacerdotessa degli Innominabili (nella versione originale i “senza nome”), antiche divinità. Durante una cerimonia le viene tolto il nome e diventa Arha (“la divorata”). Privata della propria identità, Arha conduce un'esistenza isolata. Sarà solo dopo l'incontro con Ged e la fuga dalle Tombe degli Innominabili che potrà ricordare il suo nome, Tenar, e ritrova il potere sulla propria vita.
Sebbene i maghi (maschile non sovraesteso, LEGGETEVE I LIBRI) utilizzino l'antico linguaggio, solo i draghi sono in grado di parlarlo correntemente. I personaggi della serie notano come i draghi non si limitino a esprimersi attraverso questa lingua, ma sembrano essere tutt'uno con essa, arrivando a ipotizzare che non abbiano dovuto impararla, ma che è semplicemente parte del loro essere. Gli esseri umani che usano questo linguaggio possono dire solo la verità mentre i draghi, sebbene possano distorcere la verità per i loro scopi, non possono mentire esplicitamente e per questo è anche detto il Vero Linguaggio. Più in là nella saga (SPOILER) si scopre che si tratta del linguaggio che è stato utilizzato da Segoy durante la creazione di Earthsea, quando umani e draghi erano un tutt'uno. Quando gli umani decisero di separarsi, persero anche la facoltà di esprimersi nell'antico linguaggio.
Il linguaggio primordiale nella magia
La ricerca di un linguaggio primordiale, utilizzato durante la creazione, i cui nomi custodiscano un potere sulla natura, era molto diffusa nell'occultismo del Rinascimento. Da Marsilio Ficino a Cornelius Agrippa, molti erano infatti i pensatori convinti che ci fosse una lingua “naturale”, una lingua cioè, in cui le parole, i segni, hanno una connessione metafisica con l'oggetto cui si riferiscono, al contrario delle lingue “artificiali”, in cui la relazione tra segno e oggetto è arbitraria, non c'è nulla, cioè, che leghi la parola “casa” all'oggetto casa che esiste sul piano materiale, che possiamo toccare, vedere, viverci dentro etc. Questa lingua naturale è la lingua utilizzata durante la creazione, quella che usa Dio per comunicare con Adamo e, quindi, quella che usa Adamo per dare un nome alle cose e agli animali (il loro Vero Nome) e di cui l'ebraico era considerato un discendente. Utilizzare questa lingua naturale e i veri nomi, proprio come in Earthsea, avrebbe dato al mago il potere sulla realtà. La ricerca di questa lingua primordiale ha portato John Dee (l'astrologo personale di Elisabetta I) e Edward Kelley nel XVI secolo ad elaborare l'Enochiano, mostrato loro dagli angeli tramite la divinazione di uno specchio di ossidiana. Sebbene l'alfabeto enochiano sia del tutto originale, la sintassi e la grammatica del presunto linguaggio angelico sono simili a quelle inglesi. Si tratta, quindi, con ogni probabilità di una lingua artificiale creata dai due, mischiata a casi di glossolalia.
Questa Luna Storta termina qui. Dato che l'argomento è molto ampio e ci sarebbe ancora moltissimo da dire, ti invito a leggere le fonti e letturine che trovi a seguire, in particolare la leggenda di Iside e Ra, in cui la potente maga Iside crea un serpente velenoso che morde Ra e in questo modo convince il dio a rivelarle il suo vero nome per poter avere l'antidoto al veleno.
E ora i consueti aggiornamenti. È passata da un mese la più importante festività dell'anno (il mio compleanno), il che vuol dire che sono entrata nel mio ultimo anno da twenty something. Ottimo! Ho anche visto Renfield, che è stato grottesco e divertente al punto giusto e Nicolas Cage è entrato di diritto tra i miei Dracula preferiti. Come sempre puoi seguirmi su Instagram e Twitter (sono heyclodia ovunque) e leggere i miei fumetti,
Alla prossima Luna,
Ciao!
Fonti e letturine
Esoterica-The Three Books of Occult Philosophies (video youtube)
The many names of Rumplestiltskin
Iside, la grande madre d'Egitto
Why do exorcists ask demons to reveal their names e la versione in italiano
THE POWER OF NAMES IN FAIRY TALES
Aida Kopmels, Cornelius Agrippa: Occult Language and How to Connect to the Divine